Farioli si racconta: “De Zerbi mi ha scoperto grazie a un blog!”

Farioli ha raccontato come è nata la sua carriera, dalla scoperta di De Zerbi grazie a un suo blog sulla tattica dei club
Francesco Farioli, Ajax
Francesco Farioli, Ajax

C’è un tecnico italiano all’estero che ha una storia davvero particolare ed è stato inserito nel catalogo degli allenatori emergenti più interessanti del panorama nazionale, anche se lui in Italia, in realtà, non ha mai allenato. La storia di Francesco Farioli è a dir poco particolare. Nasce come preparatore dei portieri nel team di Roberto De Zerbi, allena al Benevento, poi al Sassuolo prima di lanciarsi in un’avventura un po’ più sostanziosa.

Farioli in Turchia

Nel 2020 diventa vice di Cadgas Atan all’Alanyaspor, con il quale fa un lavoro talmente eccellente dall’essere chiamato come primo allenatore dal Fatih Karamguruk, con il quale firma un contratto di due anni e mezzo che lo rende, a 31 anni, l’allenatore più giovane all’estero. La sua avventura, però durerà, poco con la sua rescissione del contratto pochi mesi dopo il suo arrivo. Un’esperienza comunque formativa per Farioli che tornerà così all’Alanyaspor, ma questa volta da allenatore in prima, restando lì per ben due stagioni e regalando alla prima uno storico quinto posto in Super Lig. Anche qui la sua sua avventura, però, si chiuderà con una rescissione consensuale, ma con un carico di risultati ben più ricco e positivo rispetto a prima.

Il Nizza chiama Farioli

La sua bravura è evidente, sotto gli occhi dei più attenti, come i dirigenti del Nizza che nel 2023 decidono di puntare su di lui per regalarsi l’apertura di un nuovo storico ciclo. La scelta è azzeccata, Farioli rivoluziona la squadra e dopo un inizio di stagione nelle prime posizioni, al termine dell’anno riporta il club rossonero in quinta posizione, ottenendo la qualificazione in Europa League, registrando la miglior difesa dell’intera Ligue 1 e la quarta nei migliori cinque campionati europei. Qui si affina la sua tattica, la sua filosofia calcistica. Una squadra che attacca, certo, ma che fa della difesa la sua arma principale, capace di divertire anche senza gettarsi all’arrembaggio.

Farioli tinge l’Ajax di azzurro

L’ottimo cammino con il Nizza, però, dura un solo anno. Il lavoro svolto spinge l’Ajax a insistere per averlo sulla propria panchina, per creare con lui alla guida un progetto di rinascita dopo un anno buio per la storia dei Lancieri. Un progetto che richiederà pazienza e tanto lavoro per quello che è diventato il primo italiano sulla panchina del club di Amsterdam e il primo straniero dal 1997. Un lavoro che sta pian piano ripagando, con il suo Ajax che occupa oggi la terza posizione in classifica con 26 punti, che ha vinto il De Klassieker contro il Feyenoord e che ha fermato la capolista PSV con una vittoria inaspettata e formidabile.

Farioli racconta la nascita della sua carriera

Intervenuto ai microfoni di AS, Francesco Farioli ha ripercorso la sua carriera, raccontando come è diventato allenatore e un aneddoto molto particolare su Roberto De Zerbi che lo ha voluto nella sua squadra dopo aver letto un’analisi tattica che Farioli aveva scritto sul suo blog:

«Praticamente abbiamo giocato contro di loro in Coppa Italia quando ero preparatore dei portieri della Lucchese (Serie C). Quando scrivevo per questo blog analizzando alcune tattiche, di solito erano sempre quelle del Real Madrid, del Barcellona, ​​della Juventus… dei grandi club di Champions League. E un giorno ho pensato che anche il Foggia meritava di essere analizzato perché stava facendo delle cose molto buone. Quindi ho realizzato l’articolo e ho condiviso i collegamenti. In qualche modo, da qualche parte, sono finito al telefono con De Zerbi. E, un anno dopo, ho deciso di iniziare a lavorare su questo».

Farioli ha svelato anche quali sono i suoi miti, gli allenatori ai quali si ispira per la sua carriera: «Molti. Non si ricomincia mai da zero, e non solo nel calcio, ma in generale. Sei sempre influenzato, influenzato dall’educazione, da ciò che vedi e soprattutto da ciò che ti piace. Penso che questo sia l’impatto più profondo che puoi avere. Fanno parte del calcio che mi piace, del calcio che mi sta vicino. E poi tra tutte le idee e tutte le influenze che hai, penso che la parte migliore del nostro lavoro sia riuscire a mescolarsi. Puoi aggiungere un paio di cose, puoi togliere qualcosa e alla fine non c’è un solo modo di giocare a calcio, ce ne sono tanti. La parte più importante, credo, è cercare di trasferire ciò che è più vicino alla tua visione, al modo in cui sei e al modo in cui credi».