Formula 1

Formula 1, dieci anni fa la scomparsa di Bianchi: com’è cambiata la sicurezza

Il tragico incidente di Suzuka è ancora negli occhi degli appassionati di Formula 1: cosa è stato fatto da allora e cosa manca oggi
Jules Bianchi
Jules Bianchi (Getty Images)

Sono passati dieci anni dalla tragica scomparsa di Jules Bianchi, morto durante il weekend del Gran Premio di Suzuka 2014. Le immagini di una vicenda che ha cambiato la storia della moderna Formula 1 sono ancora negli occhi di tutti. Pioveva insistentemente sul tracciato giapponese, la gara era partita dietro la Safety Car, poi l’incidente mortale, il primo da quello di Senna vent’anni prima a Imola. Un evento tragico, che ha fatto segnare un punto di svolta nella ricerca della sicurezza dei piloti. 

L’incidente 

Era il giro 42 quando, in condizioni di pista difficili, la Sauber di Adrian Sutil finì contro le barriere alla curva Dunlop. Niente Safety Car, però: la direzione gara ritenne sufficiente una doppia bandiera gialla mentre una ruspa provava a rimuovere la monoposto incidentata. Proprio in quel punto della pista, però, anche Jules Bianchi perse il controllo, impattando nello stesso punto e finendo proprio contro la ruspa in un impatto fatale. 

La Virtual Safety Car

Da quel momento FIA e Formula 1 si mossero in fretta per trovare una soluzione che potesse salvaguardare i piloti in pista in condizioni come quelle di Suzuka. E il primo cambiamento portò, nel Mondiale 2015, all’introduzione della Virtual Safety Car: nessuna vettura in pista, ma un limite di velocità da mantenere e rispettare con l’obiettivo di mantenere invariati i distacchi. Un obiettivo, quello delle distanze, non propriamente centrato a differenza dell’indiscutibile vantaggio portato in caso di detriti in pista o lievi incidenti. 

Arriva l’Halo

Indimenticabile anche l’incidente del 2009 di Felipe Massa, colpito in Ungheria da una molla persa dalla BrawnGP di Barrichello. Il trauma fu importante ma non fatale, a differenza di quanto accaduto a Bianchi. Il tragico incidente del 2014 portò nuovamente alle luci della ribalta l’importanza di mettere ancor di più in sicurezza la testa dei piloti. Dal 2015 al 2018 la FIA ha testato diverse soluzioni sulle vetture di Formula 1, arrivando fino ai cupolini poi bocciati. Nel 2018 la scelta ricadde sull’Halo, una barra di protezione in titanio posta sopra la testa del pilota. Poco bella esteticamente e spesso criticata inizialmente dai piloti stessi, ma poi decisi a in tantissimi casi: dall’incidente tra Verstappen e Hamilton fino al caso più celebre, quello che nel 2020 ha visto coinvolto Grosjean in Bahrain

Cosa manca ancora 

I passi avanti sono innegabili, ma il lavoro da fare è ancora tanto. Non a caso ogni anno il comitato piloti, la FIA e la FOM lavorano insieme alla ricerca di soluzioni e possibili miglioramenti. Sperando di imparare dal passato, anche se per ora i segnali sono negativi: due anni fa, ancora a Suzuka e di nuovo sotto la pioggia battente, Gasly si è salvato per miracolo dal restare coinvolto in un incidente con un trattore entrato in pista contromano per recuperare la vettura di Sainz. Tanto lo spavento e la comprensibile rabbia di Gasly e di tutti gli altri piloti, il segnale di come la strada da percorrere sia ancora molto lunga.