Serie A

Rocchi: “Basta con i rigorini! E sull’uniformità…”

Il designatore arbitrale Gianluca Rocchi ha parlato dei rigorini concessi in questa stagione e dell'uniformità di giudizio sulle scelte degli arbitri
Gianluca Rocchi
Gianluca Rocchi

Rigori e rigorini. Una distinzione che negli anni abbiamo sentito fare tantissime volte, senza mai comprendere la differenza tra l’uno e l’altro, soprattutto quando gli episodi si piazzano in quella zona di confine così tanto sottile da complicarne anche la valutazione. Il designatore Gianluca Rocchi spesso e volentieri ha svelato di volere direttori di gara pronti a coglierne le sottigliezze, fischiando solo quando il contatto è netto al punto che non emergano dubbi e che sia intenso al punto da giustificare la caduta dell’attaccante in area di rigore e, quindi, la penalizzazione subita dall’intervento.

Eppure, le polemiche in questo inizio di stagione sono state tantissime, soprattutto in merito a quest’ultimo tema e che testimoniano l’andamento di un 2024 molto complicato. Intervenuto ai microfoni di Rai 1, dopo la conferma ottenuta dal nuovo presidente dell’AIA, Carlo Zappi, Rocchi ha parlato di questo e degli interventi del VAR, prendendo ad esempio anche alcuni episodi risalenti alle scorse settimane.

Un 2024 complicato per Rocchi

«Ringrazio il presidente Zappi, che ha rinnovato immediatamente la fiducia nel mio lavoro. Questo dimostra che il percorso intrapreso è apprezzato. Ho avuto la possibilità di lavorare sempre in autonomia, una condizione indispensabile per svolgere il mio ruolo. È stato un anno molto complicato. Questo lavoro, che coinvolge 152 persone, non lascia spazio per rifiatare; è un lavoro sicuramente complesso e impegnativo, quello del disegnatore, quasi mai elogiato e spesso criticato. Anche i piccoli momenti di soddisfazione spesso sfuggono, ma un ruolo di così grande responsabilità non permette distrazioni».

Rocchi e i ‘rigorini’: i casi di Cagliari-Atalanta e Atalanta-Udinese

«È chiaro che sono quei rigori che noi stiamo cercando di combattere: abbiamo avuto una giornata in effetti brutta: la 7°, dove ne abbiamo dati 9 e qualcuno veramente inappropriato; però, specialmente nelle ultime giornate, siamo tornati a dare quelli giusti. L’importante è dare un rigore quando c’è qualcosa di importante, perché può decidere il risultato. Dico sempre ai miei arbitri che quando la pancia vi dice rigore, nel 98% dei casi è rigore. Per esempio, in Cagliari-Atalanta non ne è stato dato uno, perché l’arbitro si è fatto portare, non dalla pancia, ma da un ragionamento sul rimpallo: se avesse seguito la pancia, avrebbe concesso il rigore. Atalanta-Udinese? Il mancato rigore per i friulani è stato un errore di superficialità, mi è dispiaciuto perché è un errore evitabilissimo e queste cose dobbiamo eliminarle, perché così ci facciamo del male da soli. Tuttavia, siamo soddisfatti per la diminuzione delle proteste e dei gravi falli di gioco».

Gli interventi del VAR

«La VAR deve essere usata solo per episodi chiari e seri. Non dobbiamo fare moviola. Sulla VAR a chiamata non possiamo rispondere noi, che siamo sempre ben aperti per eventuali modifiche e novità. È chiaro che il VAR a chiamata deresponsabilizza molto, mettendo la responsabilità della chiamata in capo al club o all’allenatore di turno. Credo che invece noi dobbiamo lavorare cercando di costruire ragazzi di fronte al monitor, che siano capaci di decidere, di scegliere quando intervenire o meno, cioè quando un episodio è chiaramente errato o no. Stiamo facendo un buon lavoro generale. Abbiamo avviato collaborazioni con l’Associazione Allenatori e l’Associazione Calciatori per far comprendere meglio le dinamiche del gioco ai nostri arbitri. Un arbitro deve essere un grande conoscitore del calcio, non solo delle regole».

L’uniformità di giudizio

«L’uniformità assoluta è una meravigliosa chimera, ma lavoriamo ogni giorno per avvicinarci a questo obiettivo. Le nostre indicazioni devono essere sempre più chiare e semplici, ma dobbiamo accettare anche il fatto che il calcio contiene tantissima parte di soggettività, per cui una piccola parte di non uniformità dobbiamo sempre accettarla».