Italia, Gravina sui giovani: “Il Milan è un esempio!”

Il Social Football Summit Snack, svoltosi questa mattina a Milano, è stato occasione per parlare dei passi avanti che il nostro calcio deve fare a livello nazionale. Una crescita verso una direzione che il prima possibile dovrà portare i club ad arricchirsi pescando dai propri settori giovanili, dalle categorie italiane inferiori, senza sporgere troppo la testa oltre i confini. Anche così si risana un movimento, con la produzione interna di campioni che un giorno avranno il compito di indossare e valorizzare una maglia azzurra che, eccezion fatta per la storica parentesi dell’Europeo tardato Roberto Mancini, negli ultimi anni ha perso blasone a livello mondiale. Un tema, quello dei giovani, che lo stesso presidente – rieletto di recente – della FIGC, Gabriele Gravina, ha trattato ai microfoni dei cronisti presenti all’Arena Civica di Milano.
Gravina sui giovani
«Mi chiedo come mai nell’ambito di un percorso di crescita di ragazzi che hanno capacità e qualità tecniche, poi non si riesca a trovare l’opportunità di una crescita per farli diventare campioni. È solo colpa dei club che non riescono a dargli minutaggio? O c’è anche qualcosa a livello di sistema? La FIGC si assume le proprie responsabilità, lavorare solo sull’idea del minutaggio può diventare un’alibi, anche perché da questo punto di vista si sta crescendo, il movimento sta usando sempre più i giovani calciatori».
Come fare?
«Io credo che il nostro mondo abbia tre macroaree che parlano poco fra loro: settore tecnico, settore giovanile e club Italia, che non mettono in sintonia un settore giovanile che ha bisogno di una metodologia diversa dal punto di vista dell’educazione. Dobbiamo abbandonare la logica della pedagogia delle competenze: non possiamo pensare di imporre ai ragazzini un certo tipo di attività per fargli dare una determinata prestazione. Noi da questi ragazzi dobbiamo prendere il meglio delle loro qualità e farli giocare, divertire, senza una tattica esasperata. Mio nipote, parlo da nonno, non vuole più giocare a calcio. A 10 anni i bambini hanno voglia di giocare, noi dobbiamo cominciare a capire quanto sia importante il sentirsi liberi, dobbiamo riconsegnare ai bambini la voglia di giocare a pallone. I nostri educatori devono cominciare a saper cogliere il meglio, con le vecchie metodologie del gioco di piazza, senza tatticismi estremi che tolgono il piacere del giocare a calcio. Platone diceva che la conoscenza acquisita con l’obbligo non trova spazio nella mente, quindi anche lui invita all’abbandonare l’obbligo e all’educare col divertimento e col sorriso».
L’esempio Milan
«Il Milan è il club che fornisce più giocatori alle Nazionali giovanili, 31 contro i 28 dell’Atalanta. Sarà una strana coincidenza, ma da quando ci sono le seconde squadre il Milan ha avviato un percorso, anche sacrificando il valore della competitività. Ha fatto una scelta di visione, di lungimiranza, di senso di responsabilità. Questa è la dimostrazione, l’aver ridotto l’età dei calciatori in Primavera e per effetto domino anche l’età della seconda squadra. Si rischia sportivamente, ma la politica dei giovani ripaga nel tempo».