Como, il primo allenatore di Diao: “Vi racconto com’era da ragazzo”

Il mercato di gennaio ha portato in casa Como un talento di quelli da seguire con particolare attenzione in vista del presente, ma soprattutto del futuro. Dopo aver fatto bene con il Betis Siviglia, nel mercato invernale il club lariano ne ha approfittato e ha scelto di fare un investimento per assicurarsi il profilo di Assane Diao. In 14 partite sono arrivati 6 gol e 1 assist, numeri importanti se si considera la giovane età (classe 2005) e che stanno dando un enorme contributo alla squadra di Fabregas per raggiungere la salvezza che, nella prima parte della stagione, sembrava più complicata del previsto. Per svelare i segreti dietro la crescita di Diao, è intervenuto ai microfoni della Gazzetta dello Sport il suo primo allenatore ai tempi del Flecha Negra, Julian Lopez.
Il rapporto di Diao con il fratello Usse
«Erano incredibili insieme, due trottole. Non si fermavano mai. Li prendevo in giro dicendo che avessero qualche polmone in più degli altri e loro, di tutta risposta, si alzavano la maglia per farmi vedere che era tutto nella norma. E come se la ridevano. Ricordo alla perfezione il giorno in cui il padre Mossa li portò da noi. Entrambi hanno un grande senso della famiglia e, pur essendo nati in Senegal, a Badajoz sono di casa. Tra i due Assane era più obbediente, Usse andava un po’ gestito»
Lopez e l’aneddoto di Diao
«Una volta andammo a fare un torneo con Real, Barcellona e Siviglia. Assane era dominante, partiva regista ma faceva tutto il campo. Aveva già l’indole del dribbling. Lui e il fratello si sfidavano soprattutto in quello, non sui gol ma sul numero di avversari saltati. Non gli ho visto fare una scelta sbagliata per fare un dribbling in più. Il rispetto dei compagni veniva prima di tutto, poi se poteva battere il fratello tanto meglio. Ricordo un flash prima di una semifinale di un torneo. Era stato tra i migliori, ma io dalla panchina mi ero accorto che non stava bene. Finisce la partita, gli sento la testa ed era bollente. Nel pomeriggio inizia ad avere anche mal di stomaco, ma non avrebbe saltato la finale per nessun motivo al mondo. Io quindi ci parlo e lui se la cava in modo furbo. ‘Sto bene, fammi provare. Se non ce la faccio mi sostituisci”. Il risultato? Fu il migliore in campo, piazzando un paio di gol e assist. Se si metteva in testa una cosa era impossibile dissuaderlo. Ed è così ancora oggi. Mandiamo tanti ragazzi ai club professionistici e lui era un predestinato. Ero convinto lo avrebbero preso subito».