Calcio

Peruzzi e il pensiero sul calcio moderno: “Mi annoia, meglio i funghi e la caccia. La costruzione dal basso mi fa ridere”

L'ex portiere e team manager della Lazio si è raccontato al Corriere della Sera, svelando alcuni aneddoti sulla sua carriera ed esprimendo un parere su quello che è il calcio attuale
Boavista
Pallone in rete (Getty Images)

L’ex portiere e team manager della Lazio si è raccontato al Corriere della Sera, svelando alcuni aneddoti sulla sua carriera ed esprimendo un parere su quello che è il calcio attuale

Come dimenticarsi di Angelo Peruzzi, portiere classe 1970 con una carriera trentennale iniziata alla Roma, passata per la Juve e l’Inter, e terminata alla Lazio. Nella giornata di oggi è uscita una sua lunga intervista in esclusiva al Corriere della Sera, in cui ripercorre la sua carriera partendo dal principio: “Mi divertivo a fare gol, ma ero una “pippa”. Come sono diventato portiere? La mia maestra elementare, in quinta, organizzò una partitella, ma nessuno voleva fare il portiere e lei decise che chi toccava la traversa sarebbe diventato il portiere. Io ero il più alto e la sfioravo, così sono rimasto in porta. Dopo due anni l’ex romanista Scaratti viene a Capranica, mi notò in porta e iniziò tutto”.

La parentesi alla Lazio

Iniziata la carriera alla Roma, poi continuata alla Juve e all’Inter, si arriva infine alla Lazio, dove rimarrà dal 2000 al 2007, fino alla fine della carriera: “Come potevo dire di no, a 30 km da casa mia. Sono stato benissimo, anche se poi il club fallì e Lotito ci spalmò i contratti. Ma ero sereno. Stavo bene”. Dopo la Lazio c’è stata una piccola parentesi come viceallenatore e poi come team manager biancoceleste, a fare da collante tra la squadra e Lotito: Sono andato via in pace. Lui ha il suo carattere, ma pure io: permaloso, tanto. E capoccione, testardo. È finita. Giusto così”.

Il calcio di oggi

Si potrebbe pensare che ad ora Peruzzi abbia più tempo per seguire il calcio, ma la risposta è no. Non tanto per il tempo, quanto per la volontà di farlo: “A casa ci sto poco. Curo i miei interessi immobiliari e soprattutto sto all’aria aperta: il mio terreno, i miei boschi, i funghi, la caccia al cinghiale. La famiglia, gli amici, le cose semplici che mi fanno star bene. Il calcio è diventato un cinema, non fa per me. Vedo poche partite, mi annoiano a volte. Vivo a Blera, un paesino in provincia di Viterbo. Ma io qui sto bene, sono felice. E per me il posto più bello del mondo. Com’è che si dice? Contento io, contenti tutti”. In più, non trova d’accordo con la nuova concezione di portiere: “Sto gioco dal basso mi fa ridere. Dice: serve per fare gol. Se non sbagli però. Se qualcosa va male, hai il nemico in casa. Ma siamo matti?