Calciomercato

Da Pancev a Gabigol passando per Vampeta: i flop del calciomercato Inter

La storia nerazzurra è ricca di nomi arrivati in pompa magna ma poi rivelatisi dei veri e propri abbagli: ecco la lista dei più grandi "pacchi" della Beneamata
Flop Inter: Pancev, Gabigol, Vampeta e Gresko
Flop Inter: Pancev, Gabigol, Vampeta e Gresko (Getty Images)

“Non sono professionisti, sono presi dalla strada”. Questa la frase pronunciata da Marina Massironi a Giacomo Poretti nel film “Tre uomini e una gamba” mentre i due si trovano al cinema alle prese con la visione della pellicola “Biglietto amaro”. Una battuta diventata virale sui social e che calza a pennello per descrivere la lunga lista dei flop del mercato dell’Inter, calciatori arrivati nella Milano nerazzurra sotto grandi proclami ma che poi hanno tradito le aspettative o in taluni casi si sono rivelati dei veri e propri “pacchi”.

Inter, difesa “di ferro”

Iniziamo dalla porta. A inaugurare la carrellata di nomi non può che essere Fabian Carini. Finito al centro dello scambio con la Juve che nell’estate del 2004 porta Fabio Cannavaro a Torino, l’estremo difensore uruguaiano arriva a Milano con l’obiettivo di togliere il posto a Toldo e prendersi una maglia da titolare ma, nonostante il rigore parato ad Amoruso nel 5-0 contro il Messina all’esordio, racimola appena nove presenze in nerazzurro. Dopo un anno in prestito a Cagliari e una stagione trascorsa interamente in panchina, si trasferisce a Murcia a titolo gratuito nel 2007. Cambia sette squadre nei successivi dieci anni prima del ritiro. Con lui in campo, però, l’Inter non ha mai perso. A destra è lotta serrata tra Felice Centofanti e Sime Vrsaljko. Il primo arriva all’Inter nella stagione 1995-96, la prima targata Massimo Moratti, e senza falsa modestia, nel primo anno delle maglie personalizzate, sceglie la 9. Chiuso da Pistone e Roberto Carlos, complice anche una difficile annata per il club, che passa da Ottavio Bianchi a Roy Hodgson, colleziona la miseria di 13 presenze tra Serie A (9), Coppa Italia (3) e Coppa Uefa (1) trovando il suo unico gol in campionato, tra l’altro inutile visto il ko per 2-1, contro la Fiorentina al Meazza. Il croato, invece, nella sua annata in prestito alla Beneamata (2018-19) trascorre più tempo in infermeria che in campo. In mezzo alla retroguardia un “posto d’onore” spetta a Nemanja Vidic. Il difensore serbo, dopo gli anni gloriosi al Manchester United, sbarca a Milano nell’estate del 2014. Il suo anno e mezzo in nerazzurro, però, si consuma tra infortuni, litigi – celebre quello con Mancini durante la sfida europea contro il Celtic a causa di un riscaldamento a bordo campo eccessivamente molle – e incomprensioni: in totale appena 28 apparizioni. A guidare il pacchetto arretrato è un’altra meteora: Gonzalo Sorondo. E pensare che l’Inter per accaparrarsi il centrale uruguaiano nel 2001 deve vincere la concorrenza del Real Madrid e staccare un assegno da 18 miliardi di lire al Defensor Sporting. “Per la mia altezza sono veloce e gli attaccanti rapidi non mi fanno paura”, commenta durante la conferenza stampa di presentazione. In campo, però, è una vera e propria sciagura. Merita una menzione d’onore anche Cyril Domoraud. Moratti lo acquista dal Marsiglia per otto miliardi e Lippi punta su di lui e il connazionale Blanc per blindare la retroguardia. “Il nuovo Thuram”, però, non è all’altezza del compagno di reparto e fa in tempo a mettere insieme appena 11 presenze prima di passare in prestito al Bastia e venire ceduto al Milan in cambio di Helveg. A sinistra non ci sono dubbi, l’incubo dei tifosi dell’Inter ha un nome, un cognome e un volto finito sulle prime pagine di tutti i giornali: Vratislav Gresko. Prelevato nel 2000 dal Bayer Leverkusen in cambio di 14 miliardi, la prestazione disastrosa all’Olimpico contro la Lazio e l’assist a Poborsky, regalò alla Juve lo storico scudetto del 2002 tingendo per sempre di nero il 5 maggio dei tifosi nerazzurri.

Vampeta e i suoi fratelli

Quando si parla di flop in casa Inter, il primo nome che viene in mente è però quello di Marcos Vampeta. Eppure il suo gol all’esordio nella finale di Supercoppa italiana contro la Lazio faceva ben sperare. I suoi otto mesi alla Pinetina, però, vengono ricordati più per alcuni divertenti aneddoti che per le gesta sul rettangolo verde. Voluto da Lippi all’alba del nuovo millennio, il tecnico viene però esonerato dopo la sconfitta contro la Reggina alla prima giornata di campionato. Al suo posto arriva Tardelli, ma tra i due non scorre un gran feeling: “Mi disse che non mi conosceva, io gli risposi altrettanto e me ne andai”, raccontò successivamente il brasiliano. Amante della vita mondana e frequentatore assiduo dei locali milanesi, col suo baffetto si faceva notare più all’Hollywood che al Meazza. Durate una cena con il suo amico Ronaldo si rese protagonista di una gaffe leggendaria: “Ero già sbronzo quando andai a pigliare una bottiglia dalla sua cantina. Purtroppo era il vino regalatogli da Papa Giovanni Paolo II durante una visita in Vaticano… Ronaldo si incazzò, voleva che gliela pagassi. Ma il vino sapeva d’aceto…”. Nella mediana nerazzurra non mancano altri profili arrivati tra squilli di tromba ma poi sommersi dai fischi dei tifosi: da Yann M’Vila a Geoffrey Kondogbia, passando per Joao Mario, calciatori sui cui la società ha investito tanto senza però ricevere altrettanto. Ciriaco Sforza, invece, e si torna ancora a “Tre Uomini e una gamba”, viene ricordato più per la maglia indossata da Giacomino che per le prodezze in campo. Se c’è un errore commesso da Mourinho nel suo biennio interista, questo ha un nome e un cognome: Ricardo Quaresma. Voluto fortemente dallo Special One, Moratti lo accontentò versando nelle casse del Porto 25 milioni di euro più bonus. Risultato? Trentadue presenze e un solo gol.

Pancev, la Gialappa’s e i fischi del Meazza

Passando all’attacco c’è veramente l’imbarazzo della scelta. Antonio Pacheco in molti nemmeno lo ricordano, così come “il nuovo Benzema”, Ishak Belfodil, Lucas Podolski, Xherdan Shaqiri, Lampros Choutos, Mauro Zarate e Diego Forlan, giocatori che hanno fatto benissimo altrove ma non all’Inter. Impossibile, invece, dimenticare una tra le icone dei “bidoni” nerazzurri: Darko Pancev. Quando arriva, nel 1992, ha appena vinto la Scarpa d’Oro ed è arrivato secondo nel Pallone d’Oro. Tutto ci si poteva aspettare, ma non che “il Cobra”, come veniva soprannominato, si trasformasse in un ramarro. L’esordio in Coppa Italia contro la Reggiana è micidiale: realizza una tripletta mettendo in mostra tutto il proprio armamentario. Al ritorno a San Siro, il 2 settembre, segna altri due gol in meno di 20′. Poi l’incantesimo finisce, la Gialappa’s lo adocchia e lo sceglie, mentre il pubblico del Meazza lo riempie di improperi. A lui, però, non importa: “Tifosi fischiano, giornalisti criticano… Importa sega a me: io domani compro Ferrari”, commenta il macedone che successivamente ammetterà che “l’Inter è stato il più grande errore della mia vita”. Sebastian Rambert, invece, viene ricordato solo per essere stato tra i primi acquisti dell’era Massimo Moratti nel 1995 e per aver “oscurato” Javier Zanetti. I due argentini, infatti, vengono presentati insieme, ma i riflettori sono tutti puntati sull’attaccante. La storia, però, smentirà le cronache di quei caldi giorni d’agosto: Rambert non lascerà il segnò, Zanetti diverrà una leggenda del club. La galleria del flop nerazzurri si chiude con Gabriel Barbosa, al secolo Gabigol. Il 30 agosto 2016 passa dal Santos all’Inter per 33,5 milioni di euro e insieme a Joao Mario, che ne costa 44, è il simbolo del primo mercato dell’era Suning. Reduce dall’oro olimpico conquistato con la nazionale brasiliana, sui social in molti lo paragonano a Ronaldo. Con il Fenomeno, però, condivide solo la presentazione con lo spot della Pirelli e il primo gol segnato con i nerazzurri, anche per lui allo stadio Renato Dall’Ara di Bologna. Sarà quello l’unico sigillo all’Inter, un tap in che regala i tre punti ai nerazzurri e la speranza di un futuro roseo prontamente tradita.