Calcio Estero

Caso Mudryk, parła Maresca. Scoperta la sostanza

L'allenatore del club londinese ha ribadito pieno sostegno e fiducia al suo attaccante
Enzo Maresca

Il Chelsea è ancora scosso dall’episodio riguardante Mykhailo Mudryk, risultato positivo a un controllo antidoping effettuato lo scorso agosto. Il caso ha ovviamente colpito molto anche mister Enzo Maresca, il quale non ha voluto nascondersi e ha confermato comunque il supporto totale e incondizionato al suo giocatore: “Cosa ho detto a Mudryk? Penso che la situazione ora sia un po’ più chiara, in quanto abbiamo una dichiarazione del club e il club ha già detto ciò che c’era da dire. Quindi non c’è nulla da aggiungere, tranne che il club, lo staff tecnico, la squadra e tutte le persone all’interno del centro di allenamento lo supportano e si fidano di Misha. Siamo tutti tristi e siamo qui per sostenerlo. Ho parlato con lui qualche giorno fa. Al momento non può allenarsi. Stiamo aspettando, ma come ho detto, il club è lì per supportare il giocatore in tutte le cose di cui ha bisogno, in tutti gli aspetti”.

Che cos’è il meldonium

Secondo quanto rivelato in data odierna dal Daily Mail, l’ex Shakhtar Donetsk sarebbe risultato positivo precisamente al meldonium, sostanza che se assunta intenzionalmente porterebbe alla sospensione dall’attività di calciatore fino a 4 anni secondo le linee guida FIFA. Utilizzato anche dalle truppe russe in Afghanistan negli anni ’80 per non percepire la fatica, questo farmaco è finito nella black list della Wada dal lontano 2016 ed è salito agli onori della cronaca per essere stato la causa della “fine” della carriera di Maria Sharapova, “fatta fuori” proprio dopo essere stata scoperta positiva ad esso. Creato in origine per la cura delle ischemie (temporanee interruzioni dell’afflusso di sangue ai tessuti) legate a gravi problemi cardiocircolatori come l’angina pectoris e l’arresto cardiaco, negli atleti considerati sani diventa di fatto un booster delle prestazioni, poiché favorisce l’afflusso d’aria ai tessuti muscolari aumentando così la resistenza. La Sharapova, in particolare, ammise di averne fatto uso per circa 10 anni su suggerimento del proprio medico di famiglia e fu di conseguenza squalificata per due anni, non riuscendomi poi a riproporsi ad alti livelli.